Una sentenza del Tribunale di Roma ha condannato il Ministero della Pubblica Istruzione per un prolungato atto discriminatorio nei confronti degli insegnanti precari, vincitori di un pubblico concorso ed inseriti regolarmente nelle graduatorie su posto comune, a vantaggio degli insegnanti di religione cattolica (nominati dal Vicariato ed immessi in ruolo senza concorso).
A questi ultimi, durante il periodo di precariato, è riservato un trattamento di favore che consiste in un aumento dello stipendio del 2,5% ogni 2 anni. Dopo 8 anni gli insegnanti di religione guadagnano 130 euro netti in più al mese rispetto ad una/un collega che insegna italiano, matematica, scienze,…Il ricorso fatto, e vinto, dalla professoressa Rizzuto di Roma (alla quale è stato riconosciuto un risarcimento di 2.611,35 euro) crea un importante precedente.
IL PRC METTE A DISPOSIZIONE DEI PRECARI DELLA SCUOLA CHE VORRANNO VEDERSI RICONOSCIUTO IL MEDESIMO DIRITTO, UN UFFICIO LEGALE PER I RICORSI
E' attivo uno sportello (vmeloni@libero.it) scuola permanente a disposizione di tutti. E' possibile telefonare alla segreteria del dipartimento nazionale scuola del Prc ai seguenti numeri, 06.44182257 – 06.44182236 o scrivere al seguente indirizzo di posta elettronica: scuola.prc@rifondazione.it
Gennaro Loffredo, Responsabile Nazionale Dip. Scuola e Formazione Prc
Kossiga docet... Scuola, scontri in piazza Navona
martedì 21 ottobre 2008
venerdì 17 ottobre 2008
Clan nel governo
di Emiliano Fittipaldi e Gianluca Di Feo "L'Espresso" da domani in edicola....
"Era a disposizione dei casalesi". Così un pentito accusa Nicola Cosentino. E' il quinto collaboratore di giustizia a puntare il dito contro il sottosegretario all'economia. Che continua a rimanere al suo posto
Durante la mia latitanza molto spesso mi sono incontrato con l'onorevole Nicola Cosentino. Egli stesso esplicitamente ci aveva detto di essere a nostra disposizione... Quando dice 'nostra' Dario De Simone parla dei casalesi, la più feroce organizzazione criminale campana. De Simone è stato uno dei loro capi: revolver alla mano, accanto al padrino Francesco Bidognetti ha ucciso una decina di persone. Poi nel 1996 ha deciso di collaborare con i magistrati: le sue rivelazioni sono state determinanti per il maxiprocesso Spartacus. Per gli inquirenti è un 'pentito' fondamentale, per il resto del clan un condannato a morte. Quando fa il nome di Nicola Cosentino, i killer gli hanno appena assassinato il fratello e il cognato. Ma va avanti: "L'onorevole aveva avuto espressamente il nostro aiuto per le sue elezioni, era a disposizione per qualunque cosa noi gli avessimo potuto domandare. Se gli avessimo chiesto un certo tipo di lavoro pubblico, non esisteva che potesse rifiutarsi".
De Simone registra questa deposizione il 13 settembre 1996, dopo di lui altri quattro collaboratori di giustizia chiameranno in causa il politico di centrodestra, come ha riferito L'espresso nelle inchieste pubblicate nelle scorse settimane. All'epoca Cosentino era appena riuscito a entrare in parlamento, oggi è sottosegretario all'Economia del governo Berlusconi e coordinatore campano del Pdl. È indagato dalla Procura antimafia di Napoli, ma la sua posizione nell'esecutivo non è stata messa in discussione. Lo stesso Paese che si mobilita contro i piani camorristici per uccidere Roberto Saviano, non si scandalizza per la poltrona occupata da un politico di Casal di Principe che cinque diversi pentiti hanno indicato come "a disposizione dei casalesi". E lo hanno fatto in tempi non sospetti. Il primo verbale che lo accusa risale al settembre 1996, l'ultimo al primo aprile 2008: tutti prima di diventare un uomo-chiave del ministero di Giulio Tremonti.
Il deputato viene indicato nel 1998 da Domenico Frascogna come postino insospettabile dei messaggi del capo dei capi, Francesco 'Sandokan' Schiavone; da Carmine Schiavone, cugino di Sandokan, come candidato della famiglia nelle elezioni comunali e provinciali. Nel febbraio 2008 da Michele Froncillo come il contatto per vincere le gare pubbliche. Infine Gaetano Vassallo, l'imprenditore di camorra che per un ventennio ha inondato la Campania di scorie tossiche, descrive il suo ruolo negli appalti per consorzi rifiuti e termovalorizzatori. L'espresso invece ha ricostruito come alla società della famiglia Cosentino, un colosso nel settore di gas e petrolio, fosse stato negato il certificato antimafia: un permesso concesso solo dopo l'intervento del prefetto Elena Stasi, poi eletta al parlamento per il Pdl grazie anche al sostegno di Cosentino. Il nostro giornale ha scoperto l'operazione sui terreni della centrale elettrica di Sparanise, che ha fruttato 10 milioni di euro ai familiari del sottosegretario. E l'acquisto di un lotto dai parenti di Schiavone. Tutto questo non ha scosso il Parlamento: finora gli interventi si contano sulle dita di una mano. Il sottosegretario ha respinto le accuse, promettendo querele. Il premier Berlusconi ha chiuso la questione: "Ho assicurazione personale dagli interessati che si tratta di operazioni legate alla politica, e non a quella realtà". Intanto i casalesi continuano a uccidere. Nonostante le retate, nonostante i parà della Folgore, vanno avanti nelle esecuzioni. Intanto i casalesi continuano a elaborare piani per ammazzare Saviano, che proprio su L'espresso ha sottolineato il silenzio intorno al caso Cosentino.
Il racconto di Dario De Simone è importante proprio per gli aspetti politici. Il camorrista parla di vicende anteriori al 1995, anno del suo arresto, e in particolare delle elezioni regionali di quell'aprile che videro arrivare il giovane avvocato di Casal di Principe nel consiglio regionale guidato dal centrodestra. In quel periodo il boss è latitante e si nasconde spesso nella casa di uno zio della moglie di Cosentino. Lì sarebbero avvenuti i loro incontri: "Mi chiese di aiutarlo nella campagna elettorale. Io mi diedi da fare. Parlai con il coordinatore nella zona di Forza Italia. Ho parlato anche con Walter Schiavone, Vincenzo Zagaria, Vincenzo Schiavone (oggi tutti detenuti e considerati elementi di spicco del clan, ndr): tutte persone che per altro ben conoscevano il Cosentino. Un buon gruppo di noi frequentava il club Napoli di Casale, circolo che frequentava anche il Cosentino. Durante la latitanza, io e Walter Schiavone abbiamo dormito spesso lì". Nel racconto del collaboratore, il comitato elettorale per le regionali '95 poteva contare anche sul sostegno dei vertici camorristici: "Solo a Trentola Ducenta ha raccolto 700 preferenze. Io stesso ho chiesto a varie persone la cortesia di votare Cosentino. Certamente quando io chiedevo delle cortesie ai vari amici di Trentola nessuno le rifiutava. Un po' tutta l'organizzazione si è occupata delle sue elezioni. Per la zona di Aversa si è interessato Francesco Biondino, per la zona di Lusciano Luigi Costanzo, per la zona di Gricignano la famiglia di Andrea Autiero, per la zona di Casaluce tale L. V., per quella di Teverola il ragioniere Di Messina". Tutte le persone indicate sono state poi arrestate.
"Era a disposizione dei casalesi". Così un pentito accusa Nicola Cosentino. E' il quinto collaboratore di giustizia a puntare il dito contro il sottosegretario all'economia. Che continua a rimanere al suo posto
Durante la mia latitanza molto spesso mi sono incontrato con l'onorevole Nicola Cosentino. Egli stesso esplicitamente ci aveva detto di essere a nostra disposizione... Quando dice 'nostra' Dario De Simone parla dei casalesi, la più feroce organizzazione criminale campana. De Simone è stato uno dei loro capi: revolver alla mano, accanto al padrino Francesco Bidognetti ha ucciso una decina di persone. Poi nel 1996 ha deciso di collaborare con i magistrati: le sue rivelazioni sono state determinanti per il maxiprocesso Spartacus. Per gli inquirenti è un 'pentito' fondamentale, per il resto del clan un condannato a morte. Quando fa il nome di Nicola Cosentino, i killer gli hanno appena assassinato il fratello e il cognato. Ma va avanti: "L'onorevole aveva avuto espressamente il nostro aiuto per le sue elezioni, era a disposizione per qualunque cosa noi gli avessimo potuto domandare. Se gli avessimo chiesto un certo tipo di lavoro pubblico, non esisteva che potesse rifiutarsi".
De Simone registra questa deposizione il 13 settembre 1996, dopo di lui altri quattro collaboratori di giustizia chiameranno in causa il politico di centrodestra, come ha riferito L'espresso nelle inchieste pubblicate nelle scorse settimane. All'epoca Cosentino era appena riuscito a entrare in parlamento, oggi è sottosegretario all'Economia del governo Berlusconi e coordinatore campano del Pdl. È indagato dalla Procura antimafia di Napoli, ma la sua posizione nell'esecutivo non è stata messa in discussione. Lo stesso Paese che si mobilita contro i piani camorristici per uccidere Roberto Saviano, non si scandalizza per la poltrona occupata da un politico di Casal di Principe che cinque diversi pentiti hanno indicato come "a disposizione dei casalesi". E lo hanno fatto in tempi non sospetti. Il primo verbale che lo accusa risale al settembre 1996, l'ultimo al primo aprile 2008: tutti prima di diventare un uomo-chiave del ministero di Giulio Tremonti.
Il deputato viene indicato nel 1998 da Domenico Frascogna come postino insospettabile dei messaggi del capo dei capi, Francesco 'Sandokan' Schiavone; da Carmine Schiavone, cugino di Sandokan, come candidato della famiglia nelle elezioni comunali e provinciali. Nel febbraio 2008 da Michele Froncillo come il contatto per vincere le gare pubbliche. Infine Gaetano Vassallo, l'imprenditore di camorra che per un ventennio ha inondato la Campania di scorie tossiche, descrive il suo ruolo negli appalti per consorzi rifiuti e termovalorizzatori. L'espresso invece ha ricostruito come alla società della famiglia Cosentino, un colosso nel settore di gas e petrolio, fosse stato negato il certificato antimafia: un permesso concesso solo dopo l'intervento del prefetto Elena Stasi, poi eletta al parlamento per il Pdl grazie anche al sostegno di Cosentino. Il nostro giornale ha scoperto l'operazione sui terreni della centrale elettrica di Sparanise, che ha fruttato 10 milioni di euro ai familiari del sottosegretario. E l'acquisto di un lotto dai parenti di Schiavone. Tutto questo non ha scosso il Parlamento: finora gli interventi si contano sulle dita di una mano. Il sottosegretario ha respinto le accuse, promettendo querele. Il premier Berlusconi ha chiuso la questione: "Ho assicurazione personale dagli interessati che si tratta di operazioni legate alla politica, e non a quella realtà". Intanto i casalesi continuano a uccidere. Nonostante le retate, nonostante i parà della Folgore, vanno avanti nelle esecuzioni. Intanto i casalesi continuano a elaborare piani per ammazzare Saviano, che proprio su L'espresso ha sottolineato il silenzio intorno al caso Cosentino.
Il racconto di Dario De Simone è importante proprio per gli aspetti politici. Il camorrista parla di vicende anteriori al 1995, anno del suo arresto, e in particolare delle elezioni regionali di quell'aprile che videro arrivare il giovane avvocato di Casal di Principe nel consiglio regionale guidato dal centrodestra. In quel periodo il boss è latitante e si nasconde spesso nella casa di uno zio della moglie di Cosentino. Lì sarebbero avvenuti i loro incontri: "Mi chiese di aiutarlo nella campagna elettorale. Io mi diedi da fare. Parlai con il coordinatore nella zona di Forza Italia. Ho parlato anche con Walter Schiavone, Vincenzo Zagaria, Vincenzo Schiavone (oggi tutti detenuti e considerati elementi di spicco del clan, ndr): tutte persone che per altro ben conoscevano il Cosentino. Un buon gruppo di noi frequentava il club Napoli di Casale, circolo che frequentava anche il Cosentino. Durante la latitanza, io e Walter Schiavone abbiamo dormito spesso lì". Nel racconto del collaboratore, il comitato elettorale per le regionali '95 poteva contare anche sul sostegno dei vertici camorristici: "Solo a Trentola Ducenta ha raccolto 700 preferenze. Io stesso ho chiesto a varie persone la cortesia di votare Cosentino. Certamente quando io chiedevo delle cortesie ai vari amici di Trentola nessuno le rifiutava. Un po' tutta l'organizzazione si è occupata delle sue elezioni. Per la zona di Aversa si è interessato Francesco Biondino, per la zona di Lusciano Luigi Costanzo, per la zona di Gricignano la famiglia di Andrea Autiero, per la zona di Casaluce tale L. V., per quella di Teverola il ragioniere Di Messina". Tutte le persone indicate sono state poi arrestate.
martedì 7 ottobre 2008
11 ottobre a Roma
Pullman con partenza da Sessa Aurunca alle ore 09.00 da Piazza Mercato...
Per adesioni o informazioni:
338.9825347 - 393.7168399 - 347.9871410
Un’altra Italia Un’altra Politica
Le politiche aggressive del Governo di centrodestra, sostenute in primo luogo da Confindustria, disegnano il quadro di un’Italia ripiegata su se stessa e che guarda con paura al futuro, un Paese dove pochi comandano, in cui il lavoro viene continuamente umiliato e mortificato, nel quale l’emergenza evocata costantemente per giustificare la restaurazione di una società classista razzista e sessista. Che vede nei poveri, nei marginali e nei differenti, i suoi principali nemici. Che nega, specie nei migranti, il riconoscimento di diritti di cittadinanza con leggi come la Bossi Fini che non solo generano clandestinità e lavoro nero, ma calpestano fondamentali valori di umanità.
Questa la risposta delle destre alla crisi profonda, di cui quella finanziaria solo un aspetto, che attraversa il processo di globalizzazione e le teorie liberiste che l’hanno sostenuto. Una risposta che, naturalmente, ignora il fatto che solo un deciso mutamento del modello economico oggi operante può risolvere problemi drammatici, dei quali il pi grave la crisi ecologica planetaria. Spetta alla sinistra contrapporre un’altra idea di società e un coerente programma in difesa della democrazia e delle condizioni di vita delle persone. E’ una risposta che non può tardare ed l’unico modo per superare le conseguenze della sconfitta elettorale e politica. Ci proponiamo perciò di contribuire alla costruzione di un’opposizione che sappia parlare al Paese a partire dai seguenti obiettivi:
1. riprendere un’azione per la pace e il disarmo di fronte a tutti i rischi di guerra, oggi particolarmente acuti nello scacchiere del Caucaso.
La scommessa ridare prospettiva a un ruolo dell’Europa quale principale protagonista di una politica che metta la parola fine all’unilateralismo dell’amministrazione Bush, al suo programma di scudo spaziale e di estensione delle basi militari nel mondo, all’occupazione in Iraq e Afghanistan (dove la presenza di truppe italiane non ha ormai alcuna giustificazione), ma anche alla sindrome da grande potenza che sta impossessandosi della Russia di Putin;
2. imporre su larga scala un’azione di difesa di retribuzioni e pensioni falcidiate dal caro vita, il quale causa un malessere che la destra tenta di trasformare in egoismo sociale, guerra tra poveri, in un protezionismo economico del tutto insensibile al permanere di gravi squilibri tra il Nord e il Sud del mondo. Di fronte alla piaga degli “omicidi bianchi” necessario intensificare i controlli e imporre l’applicazione delle sanzioni alle imprese. Si tratta inoltre di valorizzare tutte le forme di lavoro: lottando contro precariato e lavoro nero, anche attraverso la determinazione di un nuovo quadro legislativo; sostenendo il reddito dei disoccupati e dei giovani inoccupati; ottenendo il riconoscimento di forme di lavoro informale e di economia solidale;
3. respingere l’attacco alla scuola pubblica, all’Università alla ricerca e alla cultura, al servizio sanitario nazionale, ai diritti dei lavoratori e alla contrattazione collettiva. E’ una vera e propria demolizione attuata attraverso un’azione di tagli indiscriminati e di licenziamenti, l’introduzione di processi di privatizzazione, e un’offensiva ideologica improntata a un ritorno al passato di chiaro stampo reazionario (maestro unico, ecc.). L’obiettivo della destra al governo colpire al cuore le istituzioni del welfare che garantiscono l’esercizio dei diritti di cittadinanza. L’affondo costituito da un’ipotesi di federalismo fiscale deprivato di ogni principio di mutua solidarietà;
4. rispondere con forza all’attacco contro le politiche volte a contrastare la violenza degli uomini contro le donne, riconoscendo il valore politico della lotta a tutte le forme di dominio patriarcale, dell’autodeterminazione delle donne e della libertà femminile nello spazio pubblico e nelle scelte personali;
5. sostenere il valore della laicità dello stato e riconoscere diritto di cittadinanza alle richieste dei movimenti per la libera scelta sessuale e per quelle relative al proprio destino biologico;
6. sostenere le vertenze territoriali (No Tav, No Dal Molin, ecc.) che intendono intervenire democraticamente su temi di grande valore per le comunità, a partire dalle decisioni collettive sui temi ambientali, sulla salute e sui beni comuni., prima fra tutti l’acqua. Quella che si sta affermando con la destra al governo un’idea di comunità corporativa, egoista, rozza e cattiva, un’idea di società che rischia di trasformare le nostre città e le loro periferie nei luoghi dell’esclusione. Bisogna far crescere una capacità di cambiamento radicale delle politiche riguardanti la gestione dei rifiuti e il sistema energetico. Con al centro la massima efficienza nell’uso delle risorse e l’uso delle fonti rinnovabili. Superando la logica dei megaimpianti distruttivi dei territori, del clima e delle risorse in via di esaurimento. E’ fondamentale sostenere una forte ripresa del movimento antinuclearista che respinga la velleitaria politica del governo in campo energetico.
7.. contrastare tutte le tentazioni autoritarie volte a negare o limitare fondamentali libertà democratiche e civili, a partire dalle scelte del governo dai temi della giustizia, della comunicazione e della libertà di stampa. O in tema di legge elettorale mettendo in questione diritti costituzionali di associazione e di rappresentanza. Si tratta anche di affermare una cultura della legalità contro le tendenze a garantire l’immunità dei forti con leggi ad personam e a criminalizzare i deboli.
Per queste ragioni e con questi obiettivi vogliamo costruire insieme un percorso che dia voce ad un’opposizione efficace, che superi la delusione provocata in tanti dal fallimento del Governo Prodi e dalla contemporanea sconfitta della sinistra, e raccolga risorse e proposte per questo paese in affanno. L’attuale minoranza parlamentare non certo in grado di svolgere questo compito, e comunque non da sola, animata com’ da pulsioni consociative sul piano delle riforme istituzionali, e su alcuni aspetti delle politiche economiche e sociali (come tanti imbarazzati silenzi dimostrano, dal caso Alitalia all’attacco a cui sottoposta la scuola, dalla militarizzazione della gestione dei rifiuti campani alle ordinanze di tante amministrazioni locali lesive degli stessi principi costituzionali).
Bisogna invece sapere cogliere il carattere sistematico dell’offensiva condotta dalle destre, sia sul terreno democratico, che su quelli civile e sociale, per potere generare un’opposizione politica e sociale che abbia l’ambizione di sconfiggere il Governo Berlusconi. Quindi, proponiamo una mobilitazione a sinistra, per “fare insieme”, al fine di suscitare un fronte largo di opposizione che, pur in presenza di diverse prospettive di movimenti partiti, associazioni, comitati e singoli, sappia contribuire a contrastare in modo efficace le politiche di questo governo.
Al tal fine proponiamo la convocazione per l’11 ottobre di un’iniziativa di massa, pubblica e unitaria, rivolgendoci a tutte le forze politiche, sociali e culturali della sinistra e chiedendo a ognuna di esse di concorrere a un’iniziativa che non sia di una parte sola. Il nostro intento contribuire all’avvio di una nuova stagione politica segnata da mobilitazioni, anche territorialmente articolate, sulle singole questioni e sui temi specifici sollevati.
Per adesioni o informazioni:
338.9825347 - 393.7168399 - 347.9871410
Un’altra Italia Un’altra Politica
Le politiche aggressive del Governo di centrodestra, sostenute in primo luogo da Confindustria, disegnano il quadro di un’Italia ripiegata su se stessa e che guarda con paura al futuro, un Paese dove pochi comandano, in cui il lavoro viene continuamente umiliato e mortificato, nel quale l’emergenza evocata costantemente per giustificare la restaurazione di una società classista razzista e sessista. Che vede nei poveri, nei marginali e nei differenti, i suoi principali nemici. Che nega, specie nei migranti, il riconoscimento di diritti di cittadinanza con leggi come la Bossi Fini che non solo generano clandestinità e lavoro nero, ma calpestano fondamentali valori di umanità.
Questa la risposta delle destre alla crisi profonda, di cui quella finanziaria solo un aspetto, che attraversa il processo di globalizzazione e le teorie liberiste che l’hanno sostenuto. Una risposta che, naturalmente, ignora il fatto che solo un deciso mutamento del modello economico oggi operante può risolvere problemi drammatici, dei quali il pi grave la crisi ecologica planetaria. Spetta alla sinistra contrapporre un’altra idea di società e un coerente programma in difesa della democrazia e delle condizioni di vita delle persone. E’ una risposta che non può tardare ed l’unico modo per superare le conseguenze della sconfitta elettorale e politica. Ci proponiamo perciò di contribuire alla costruzione di un’opposizione che sappia parlare al Paese a partire dai seguenti obiettivi:
1. riprendere un’azione per la pace e il disarmo di fronte a tutti i rischi di guerra, oggi particolarmente acuti nello scacchiere del Caucaso.
La scommessa ridare prospettiva a un ruolo dell’Europa quale principale protagonista di una politica che metta la parola fine all’unilateralismo dell’amministrazione Bush, al suo programma di scudo spaziale e di estensione delle basi militari nel mondo, all’occupazione in Iraq e Afghanistan (dove la presenza di truppe italiane non ha ormai alcuna giustificazione), ma anche alla sindrome da grande potenza che sta impossessandosi della Russia di Putin;
2. imporre su larga scala un’azione di difesa di retribuzioni e pensioni falcidiate dal caro vita, il quale causa un malessere che la destra tenta di trasformare in egoismo sociale, guerra tra poveri, in un protezionismo economico del tutto insensibile al permanere di gravi squilibri tra il Nord e il Sud del mondo. Di fronte alla piaga degli “omicidi bianchi” necessario intensificare i controlli e imporre l’applicazione delle sanzioni alle imprese. Si tratta inoltre di valorizzare tutte le forme di lavoro: lottando contro precariato e lavoro nero, anche attraverso la determinazione di un nuovo quadro legislativo; sostenendo il reddito dei disoccupati e dei giovani inoccupati; ottenendo il riconoscimento di forme di lavoro informale e di economia solidale;
3. respingere l’attacco alla scuola pubblica, all’Università alla ricerca e alla cultura, al servizio sanitario nazionale, ai diritti dei lavoratori e alla contrattazione collettiva. E’ una vera e propria demolizione attuata attraverso un’azione di tagli indiscriminati e di licenziamenti, l’introduzione di processi di privatizzazione, e un’offensiva ideologica improntata a un ritorno al passato di chiaro stampo reazionario (maestro unico, ecc.). L’obiettivo della destra al governo colpire al cuore le istituzioni del welfare che garantiscono l’esercizio dei diritti di cittadinanza. L’affondo costituito da un’ipotesi di federalismo fiscale deprivato di ogni principio di mutua solidarietà;
4. rispondere con forza all’attacco contro le politiche volte a contrastare la violenza degli uomini contro le donne, riconoscendo il valore politico della lotta a tutte le forme di dominio patriarcale, dell’autodeterminazione delle donne e della libertà femminile nello spazio pubblico e nelle scelte personali;
5. sostenere il valore della laicità dello stato e riconoscere diritto di cittadinanza alle richieste dei movimenti per la libera scelta sessuale e per quelle relative al proprio destino biologico;
6. sostenere le vertenze territoriali (No Tav, No Dal Molin, ecc.) che intendono intervenire democraticamente su temi di grande valore per le comunità, a partire dalle decisioni collettive sui temi ambientali, sulla salute e sui beni comuni., prima fra tutti l’acqua. Quella che si sta affermando con la destra al governo un’idea di comunità corporativa, egoista, rozza e cattiva, un’idea di società che rischia di trasformare le nostre città e le loro periferie nei luoghi dell’esclusione. Bisogna far crescere una capacità di cambiamento radicale delle politiche riguardanti la gestione dei rifiuti e il sistema energetico. Con al centro la massima efficienza nell’uso delle risorse e l’uso delle fonti rinnovabili. Superando la logica dei megaimpianti distruttivi dei territori, del clima e delle risorse in via di esaurimento. E’ fondamentale sostenere una forte ripresa del movimento antinuclearista che respinga la velleitaria politica del governo in campo energetico.
7.. contrastare tutte le tentazioni autoritarie volte a negare o limitare fondamentali libertà democratiche e civili, a partire dalle scelte del governo dai temi della giustizia, della comunicazione e della libertà di stampa. O in tema di legge elettorale mettendo in questione diritti costituzionali di associazione e di rappresentanza. Si tratta anche di affermare una cultura della legalità contro le tendenze a garantire l’immunità dei forti con leggi ad personam e a criminalizzare i deboli.
Per queste ragioni e con questi obiettivi vogliamo costruire insieme un percorso che dia voce ad un’opposizione efficace, che superi la delusione provocata in tanti dal fallimento del Governo Prodi e dalla contemporanea sconfitta della sinistra, e raccolga risorse e proposte per questo paese in affanno. L’attuale minoranza parlamentare non certo in grado di svolgere questo compito, e comunque non da sola, animata com’ da pulsioni consociative sul piano delle riforme istituzionali, e su alcuni aspetti delle politiche economiche e sociali (come tanti imbarazzati silenzi dimostrano, dal caso Alitalia all’attacco a cui sottoposta la scuola, dalla militarizzazione della gestione dei rifiuti campani alle ordinanze di tante amministrazioni locali lesive degli stessi principi costituzionali).
Bisogna invece sapere cogliere il carattere sistematico dell’offensiva condotta dalle destre, sia sul terreno democratico, che su quelli civile e sociale, per potere generare un’opposizione politica e sociale che abbia l’ambizione di sconfiggere il Governo Berlusconi. Quindi, proponiamo una mobilitazione a sinistra, per “fare insieme”, al fine di suscitare un fronte largo di opposizione che, pur in presenza di diverse prospettive di movimenti partiti, associazioni, comitati e singoli, sappia contribuire a contrastare in modo efficace le politiche di questo governo.
Al tal fine proponiamo la convocazione per l’11 ottobre di un’iniziativa di massa, pubblica e unitaria, rivolgendoci a tutte le forze politiche, sociali e culturali della sinistra e chiedendo a ognuna di esse di concorrere a un’iniziativa che non sia di una parte sola. Il nostro intento contribuire all’avvio di una nuova stagione politica segnata da mobilitazioni, anche territorialmente articolate, sulle singole questioni e sui temi specifici sollevati.
domenica 20 luglio 2008
Alex Zanotelli su Napoli: LETTERA AGLI AMICI " E' AL COLMO LA FECCIA"
Napoli ,12 luglio 2008
Carissimi,
è con la rabbia in corpo che vi scrivo questa lettera dai bassi di Napoli, dal Rione Sanità nel cuore di quest'estate infuocata.
La mia è una rabbia lacerante perché oggi la Menzogna è diventata la Verità. Il mio lamento è così ben espresso da un credente ebreo nel Salmo 12
" Solo falsità l'uno all'altro si dicono:
bocche piene di menzogna,tutti a nascondere ciò che tramano in cuore. Come rettili strisciano, e i più vili emergono, è al colmo la feccia."
Quando ,dopo Korogocho,ho scelto di vivere a Napoli , non avrei mai pensato che mi sarei trovato a vivere le stesse lotte. Sono passato dalla discarica di Nairobi, a fianco della baraccopoli di Korogocho alle lotte di Napoli contro le discariche e gli inceneritori.Sono convinto che Napoli è solo la punta dell'iceberg di un problema che ci sommerge tutti.Infatti, se a questo mondo, gli oltre sei miliardi di esseri umani vivessero come viviamo noi ricchi (l'11% del mondo consuma l'88% delle risorse del pianeta!) avremmo bisogno di altri quattro pianeti come risorse e di altro quattro come discariche ove buttare i nostri rifiuti. I poveri di Korogocho, che vivono sulla discarica, mi hanno insegnato a riciclare tutto , a riusare tutto, a riparare tutto, a rivendere tutto, ma soprattutto a vivere con sobrietà.
E' stata una grande lezione che mi aiuta oggi a leggere la situazione dei rifiuti a Napoli e in Campania, regione ridotta da vent'anni a sversatoio nazionale dei rifiuti tossici.Infatti esponenti della camorra in combutta con logge massoniche coperte e politici locali, avevano deciso nel 1989 ,nel ristorante "La Taverna" di Villaricca", di sversare i rifiuti tossici in Campania. Questo perché diventava sempre più difficile seppellire i nostri rifiuti in Somalia. Migliaia di Tir sono arrivati da ogni parte di Italia carichi di rifiuti tossici e sono stati sepolti dalla camorra nel Triangolo della morte (Acerra-Nola- Marigliano), nelle Terre dei fuochi ( Nord di Napoli ) e nelle campagne del Casertano. Questi rifiuti tossici
"bombardano" oggi ,in particolare i neonati, con diossine,nanoparticelle che producono tumori, malformazioni , leucemie……
Il documentario Biutiful Cauntri esprime bene quanto vi racconto.
A cui bisogna aggiungere il disastro della politica ormai subordinata ai potentati economici-finanziari.Infatti questa regione è stata gestita dal 1994 da 10 commissari straordinari per i rifiuti ,scelti dai vari governi nazionali che si sono succeduti.( E' sempre più chiaro, per me, l'intreccio fra politica, potentati economici-finanziari, camorra, logge massoniche coperte e servizi segreti!). In 15 anni i commissari straordinari hanno speso oltre due miliardi di euro, per produrre oltre sette milioni di tonnellate di "ecoballe" , che di eco non hanno proprio nulla: sono rifiuti tal quale, avvolti in plastica che non si possono nè incenerire (la Campania è già un disastro ecologico!) né seppellire perché inquinerebbero le falde acquifere. Buona parte di queste ecoballe, accatastate fuori la città di Giugliano, infestano con il loro percolato quelle splendide campagne denominate "Taverna del re ".
E così siamo giunti al disastro! Oggi la Campania ha raggiunto gli stessi livelli di tumore del Nord-Est, che però ha fabbriche e lavoro.Noi,senza fabbriche e senza lavoro, per i rifiuti siamo condannati alla stessa sorte.Il nostro non è un disastro ecologico-lo dico con rabbia- ma un crimine ecologico, frutto di decisioni politiche che coprono enormi interessi finanziari. Ne è prova il fatto che Prodi, a governo
scaduto, abbia firmato due ordinanze:una che permetteva di bruciare le ecoballe di
Giugliano nell'inceneritore di Acerra, l'altra che permetteva di dare il Cip 6 ( la bolletta che paghiamo all'Enel per le energie rinnovabili) ai 3 inceneritori della Campania che "trasformano la merda in oro- come dice Guido Viale-Quanto più merda , tanto più oro!"
Ulteriore rabbia quando il governo Berlusconi ha firmato il nuovo decreto n.90 sui rifiuti in Campania. Berlusconi ci impone , con la forza militare, di costruire 10 discariche e quattro inceneritori. Se i 4 inceneritori funzionassero, la Campania dovrebbe importare rifiuti da altrove per farli funzionare. Da solo l'inceneritore di Acerra potrebbe bruciare 800.000 tonnellate all'anno! E' chiaro allora che non si vuole fare la raccolta differenziata, perché se venisse fatta seriamente (al 70%), non ci sarebbe bisogno di quegli inceneritori.E' da 14 anni che non c'è volontà
politica di fare la raccolta differenziata. Non sono i napoletani che non la vogliono, ma i politici che la ostacolano perché devono ubbidire ai potentati economici-finanziari promotori degli inceneritori. E tutto questo ci viene imposto con la forza militare vietando ogni resistenza o dissenso, pena la prigione. Le conseguenze di questo decreto per la Campania sono
devastanti. "Se tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge (articolo 3 della Costituzione), i Campani saranno meno uguali, avranno meno dignità sociale-così afferma un recente Appello ai Parlamentari Campani Ciò che è definito "tossico" altrove, anche sulla base normativa comunitaria, in Campania non lo è; ciò che altrove è considerato "pericoloso"qui non lo sarà. Le regole di tutela ambientale e salvaguardia e controllo sanitario, qui non saranno in vigore. La polizia giudiziaria e la magistratura in tema di repressione di violazioni della normativa sui rifiuti , hanno meno poteri che nel resto d'Italia e i nuovi tribunali
speciali per la loro smisurata competenza e novità, non saranno in grado di tutelare, come altrove accade, i diritti dei Campani".
Davanti a tutto questo, ho diritto ad indignarmi. Per me è una questione etica e morale. Ci devo essere come prete, come missionario. Se lotto contro l'aborto e l'eutanasia, devo esserci nella lotta su tutto questo che costituisce una grande minaccia alla salute dei cittadini campani. Il decreto Berlusconi straccia il diritto alla salute dei cittadini Campani.
Per questo sono andato con tanta indignazione in corpo all'inceneritore di Acerra, a contestare la conferenza stampa di Berlusconi , organizzata nel cuore del Mostro, come lo chiama la gente. Eravamo pochi, forse un centinaio di persone. (La gente di Acerra, dopo le botte del 29 agosto 2004 da parte delle forze dell'ordine,è terrorizzata e ha paura di scendere in campo. Abbiamo tentato di dire il nostro no a quanto stava accadendo. Abbiamo distribuito alla stampa i volantini: "Lutto cittadino. La democrazia è morta ad Acerra. Ne danno il triste annuncio il presidente Berlusconi e il sottosegretario Bertolaso. "Nella conferenza stampa (non ci è stato permesso parteciparvi!) Berlusconi ha chiesto scusa alla Fibe per tutto
quello che ha "subito" per costruire l'inceneritore ad Acerra!(Ricordo che la Fibe è sotto processo oggi!. Uno schiaffo ai giudici! Bertolaso ha annunciato che aveva firmato il giorno prima l'ordinanza con la Fibe perché finisse i lavori! Poi ha annunciato che avrebbe scelto con trattativa privata, una delle tre o quattro ditte italiane e una straniera, a gestire i rifiuti. Quella italiana sarà quasi certamente la A2A (la multiservizi di Brescia e Milano) e quella straniera è la Veolia, la più grande multinazionale dell'acqua e la seconda al mondo per i rifiuti. Sarà
quasi certamente Veolia a papparsi il bocconcino e così, dopo i rifiuti, si papperà anche l'acqua di Napoli. Che vergogna! E' la stravittoria dei potentati economici-finanziari, il cui unico scopo è fare soldi in barba a tutti noi che diventiamo le nuove cavie. Sono infatti convinto che la Campania è diventata oggi un ottimo esempio di quello che la Naomi Klein nel suo libro Shock Economy, chiama appunto l'economia di shock! Lì dove c'è emergenza grave viene permesso ai potentati economico-finanziari di fare cose che non potrebbero fare in circostanze normali. Se funziona in Campania, lo si ripeterà altrove. (New Orleans dopo Katrina insegna!).
E per farci digerire questa pillola amara, O' Sistema ci invierà un migliaio di volontari per aiutare gli imbecilli dei napoletani a fare la raccolta differenziata, un migliaio di alpini per sostenere l'operazione e trecento psicologi per oleare questa operazione!! Ma a che punto siamo arrivati in questo paese!?! Mi indigno profondamente! E proclamo la mia solidarietà a questo popolo massacrato! " Padre Alex e i suoi fratelli " era scritto in una fotografia apparsa su Tempi (inserto di La Repubblica ). Sì, sono fiero di essere a Napoli in questo momento così tragico con i miei fratelli(e sorelle) di Savignano Irpino,espropriati del loro terreno seminato a novembre, con i miei fratelli di Chiaiano, costretti ad accedere nelle
proprie abitazioni con un pass perchè sotto sorveglianza militare .
Per questo, con i comitati come Allarme rifiuti tossici, con le reti come Lilliput e con tanti gruppi, continueremo a resistere in Campania. Non ci arrenderemo.
Vi chiedo di condividere questa rabbia, questa collera contro un Sistema economico-finanziario che ammazza ed uccide non solo i poveri del Sud del mondo, ma anche i poveri nel cuore dell'Impero. Trovo conforto nelle parole del grande resistente contro Hitler, il pastore luterano danese, Kaj Munk ucciso dai nazisti nel 1944 "Qual è dunque il compito del predicatore oggi? Dovrei rispondere: fede, speranza e carità. Sembra una bella risposta. Ma vorrei dire piuttosto :coraggio. Ma no,neppure questo è abbastanza provocatorio per costituire l'intera verità.....Il nostro compito oggi è la temerarietà.. Perchè ciò di cui come Chiesa manchiamo non è certamente né di psicologia né di letteratura.Quello che a noi manca è una santa
collera."
Davanti alla Menzogna che furoreggia in questa regione campana, non ci resta che una santa collera. Una collera che vorrei vedere nei miei concittadini, ma anche nella mia Chiesa. "I simboli della Chiesa Cristiana sono sempre stati il leone, l'agnello, la colomba e il pesce - diceva sempre Kaj Munk - Ma mai il camaleonte."
Vi scrivo questo al ritorno della manifestazione tenutasi nelle strade di Chiaiano, contro l'occupazione militare della cava. Invece di aspettare il giudizio dei tecnici sull'idoneità della cava, Bertolaso ha inviato l'esercito per occuparla. La gente di Chiaiano si sente raggirata, abbandonata e tradita.
Non abbandonateci. E' questione di vita o di morte per tutti. E' con tanta rabbia che ve lo scrivo.
Resistiamo!
Alex Zanotelli
Carissimi,
è con la rabbia in corpo che vi scrivo questa lettera dai bassi di Napoli, dal Rione Sanità nel cuore di quest'estate infuocata.
La mia è una rabbia lacerante perché oggi la Menzogna è diventata la Verità. Il mio lamento è così ben espresso da un credente ebreo nel Salmo 12
" Solo falsità l'uno all'altro si dicono:
bocche piene di menzogna,tutti a nascondere ciò che tramano in cuore. Come rettili strisciano, e i più vili emergono, è al colmo la feccia."
Quando ,dopo Korogocho,ho scelto di vivere a Napoli , non avrei mai pensato che mi sarei trovato a vivere le stesse lotte. Sono passato dalla discarica di Nairobi, a fianco della baraccopoli di Korogocho alle lotte di Napoli contro le discariche e gli inceneritori.Sono convinto che Napoli è solo la punta dell'iceberg di un problema che ci sommerge tutti.Infatti, se a questo mondo, gli oltre sei miliardi di esseri umani vivessero come viviamo noi ricchi (l'11% del mondo consuma l'88% delle risorse del pianeta!) avremmo bisogno di altri quattro pianeti come risorse e di altro quattro come discariche ove buttare i nostri rifiuti. I poveri di Korogocho, che vivono sulla discarica, mi hanno insegnato a riciclare tutto , a riusare tutto, a riparare tutto, a rivendere tutto, ma soprattutto a vivere con sobrietà.
E' stata una grande lezione che mi aiuta oggi a leggere la situazione dei rifiuti a Napoli e in Campania, regione ridotta da vent'anni a sversatoio nazionale dei rifiuti tossici.Infatti esponenti della camorra in combutta con logge massoniche coperte e politici locali, avevano deciso nel 1989 ,nel ristorante "La Taverna" di Villaricca", di sversare i rifiuti tossici in Campania. Questo perché diventava sempre più difficile seppellire i nostri rifiuti in Somalia. Migliaia di Tir sono arrivati da ogni parte di Italia carichi di rifiuti tossici e sono stati sepolti dalla camorra nel Triangolo della morte (Acerra-Nola- Marigliano), nelle Terre dei fuochi ( Nord di Napoli ) e nelle campagne del Casertano. Questi rifiuti tossici
"bombardano" oggi ,in particolare i neonati, con diossine,nanoparticelle che producono tumori, malformazioni , leucemie……
Il documentario Biutiful Cauntri esprime bene quanto vi racconto.
A cui bisogna aggiungere il disastro della politica ormai subordinata ai potentati economici-finanziari.Infatti questa regione è stata gestita dal 1994 da 10 commissari straordinari per i rifiuti ,scelti dai vari governi nazionali che si sono succeduti.( E' sempre più chiaro, per me, l'intreccio fra politica, potentati economici-finanziari, camorra, logge massoniche coperte e servizi segreti!). In 15 anni i commissari straordinari hanno speso oltre due miliardi di euro, per produrre oltre sette milioni di tonnellate di "ecoballe" , che di eco non hanno proprio nulla: sono rifiuti tal quale, avvolti in plastica che non si possono nè incenerire (la Campania è già un disastro ecologico!) né seppellire perché inquinerebbero le falde acquifere. Buona parte di queste ecoballe, accatastate fuori la città di Giugliano, infestano con il loro percolato quelle splendide campagne denominate "Taverna del re ".
E così siamo giunti al disastro! Oggi la Campania ha raggiunto gli stessi livelli di tumore del Nord-Est, che però ha fabbriche e lavoro.Noi,senza fabbriche e senza lavoro, per i rifiuti siamo condannati alla stessa sorte.Il nostro non è un disastro ecologico-lo dico con rabbia- ma un crimine ecologico, frutto di decisioni politiche che coprono enormi interessi finanziari. Ne è prova il fatto che Prodi, a governo
scaduto, abbia firmato due ordinanze:una che permetteva di bruciare le ecoballe di
Giugliano nell'inceneritore di Acerra, l'altra che permetteva di dare il Cip 6 ( la bolletta che paghiamo all'Enel per le energie rinnovabili) ai 3 inceneritori della Campania che "trasformano la merda in oro- come dice Guido Viale-Quanto più merda , tanto più oro!"
Ulteriore rabbia quando il governo Berlusconi ha firmato il nuovo decreto n.90 sui rifiuti in Campania. Berlusconi ci impone , con la forza militare, di costruire 10 discariche e quattro inceneritori. Se i 4 inceneritori funzionassero, la Campania dovrebbe importare rifiuti da altrove per farli funzionare. Da solo l'inceneritore di Acerra potrebbe bruciare 800.000 tonnellate all'anno! E' chiaro allora che non si vuole fare la raccolta differenziata, perché se venisse fatta seriamente (al 70%), non ci sarebbe bisogno di quegli inceneritori.E' da 14 anni che non c'è volontà
politica di fare la raccolta differenziata. Non sono i napoletani che non la vogliono, ma i politici che la ostacolano perché devono ubbidire ai potentati economici-finanziari promotori degli inceneritori. E tutto questo ci viene imposto con la forza militare vietando ogni resistenza o dissenso, pena la prigione. Le conseguenze di questo decreto per la Campania sono
devastanti. "Se tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge (articolo 3 della Costituzione), i Campani saranno meno uguali, avranno meno dignità sociale-così afferma un recente Appello ai Parlamentari Campani Ciò che è definito "tossico" altrove, anche sulla base normativa comunitaria, in Campania non lo è; ciò che altrove è considerato "pericoloso"qui non lo sarà. Le regole di tutela ambientale e salvaguardia e controllo sanitario, qui non saranno in vigore. La polizia giudiziaria e la magistratura in tema di repressione di violazioni della normativa sui rifiuti , hanno meno poteri che nel resto d'Italia e i nuovi tribunali
speciali per la loro smisurata competenza e novità, non saranno in grado di tutelare, come altrove accade, i diritti dei Campani".
Davanti a tutto questo, ho diritto ad indignarmi. Per me è una questione etica e morale. Ci devo essere come prete, come missionario. Se lotto contro l'aborto e l'eutanasia, devo esserci nella lotta su tutto questo che costituisce una grande minaccia alla salute dei cittadini campani. Il decreto Berlusconi straccia il diritto alla salute dei cittadini Campani.
Per questo sono andato con tanta indignazione in corpo all'inceneritore di Acerra, a contestare la conferenza stampa di Berlusconi , organizzata nel cuore del Mostro, come lo chiama la gente. Eravamo pochi, forse un centinaio di persone. (La gente di Acerra, dopo le botte del 29 agosto 2004 da parte delle forze dell'ordine,è terrorizzata e ha paura di scendere in campo. Abbiamo tentato di dire il nostro no a quanto stava accadendo. Abbiamo distribuito alla stampa i volantini: "Lutto cittadino. La democrazia è morta ad Acerra. Ne danno il triste annuncio il presidente Berlusconi e il sottosegretario Bertolaso. "Nella conferenza stampa (non ci è stato permesso parteciparvi!) Berlusconi ha chiesto scusa alla Fibe per tutto
quello che ha "subito" per costruire l'inceneritore ad Acerra!(Ricordo che la Fibe è sotto processo oggi!. Uno schiaffo ai giudici! Bertolaso ha annunciato che aveva firmato il giorno prima l'ordinanza con la Fibe perché finisse i lavori! Poi ha annunciato che avrebbe scelto con trattativa privata, una delle tre o quattro ditte italiane e una straniera, a gestire i rifiuti. Quella italiana sarà quasi certamente la A2A (la multiservizi di Brescia e Milano) e quella straniera è la Veolia, la più grande multinazionale dell'acqua e la seconda al mondo per i rifiuti. Sarà
quasi certamente Veolia a papparsi il bocconcino e così, dopo i rifiuti, si papperà anche l'acqua di Napoli. Che vergogna! E' la stravittoria dei potentati economici-finanziari, il cui unico scopo è fare soldi in barba a tutti noi che diventiamo le nuove cavie. Sono infatti convinto che la Campania è diventata oggi un ottimo esempio di quello che la Naomi Klein nel suo libro Shock Economy, chiama appunto l'economia di shock! Lì dove c'è emergenza grave viene permesso ai potentati economico-finanziari di fare cose che non potrebbero fare in circostanze normali. Se funziona in Campania, lo si ripeterà altrove. (New Orleans dopo Katrina insegna!).
E per farci digerire questa pillola amara, O' Sistema ci invierà un migliaio di volontari per aiutare gli imbecilli dei napoletani a fare la raccolta differenziata, un migliaio di alpini per sostenere l'operazione e trecento psicologi per oleare questa operazione!! Ma a che punto siamo arrivati in questo paese!?! Mi indigno profondamente! E proclamo la mia solidarietà a questo popolo massacrato! " Padre Alex e i suoi fratelli " era scritto in una fotografia apparsa su Tempi (inserto di La Repubblica ). Sì, sono fiero di essere a Napoli in questo momento così tragico con i miei fratelli(e sorelle) di Savignano Irpino,espropriati del loro terreno seminato a novembre, con i miei fratelli di Chiaiano, costretti ad accedere nelle
proprie abitazioni con un pass perchè sotto sorveglianza militare .
Per questo, con i comitati come Allarme rifiuti tossici, con le reti come Lilliput e con tanti gruppi, continueremo a resistere in Campania. Non ci arrenderemo.
Vi chiedo di condividere questa rabbia, questa collera contro un Sistema economico-finanziario che ammazza ed uccide non solo i poveri del Sud del mondo, ma anche i poveri nel cuore dell'Impero. Trovo conforto nelle parole del grande resistente contro Hitler, il pastore luterano danese, Kaj Munk ucciso dai nazisti nel 1944 "Qual è dunque il compito del predicatore oggi? Dovrei rispondere: fede, speranza e carità. Sembra una bella risposta. Ma vorrei dire piuttosto :coraggio. Ma no,neppure questo è abbastanza provocatorio per costituire l'intera verità.....Il nostro compito oggi è la temerarietà.. Perchè ciò di cui come Chiesa manchiamo non è certamente né di psicologia né di letteratura.Quello che a noi manca è una santa
collera."
Davanti alla Menzogna che furoreggia in questa regione campana, non ci resta che una santa collera. Una collera che vorrei vedere nei miei concittadini, ma anche nella mia Chiesa. "I simboli della Chiesa Cristiana sono sempre stati il leone, l'agnello, la colomba e il pesce - diceva sempre Kaj Munk - Ma mai il camaleonte."
Vi scrivo questo al ritorno della manifestazione tenutasi nelle strade di Chiaiano, contro l'occupazione militare della cava. Invece di aspettare il giudizio dei tecnici sull'idoneità della cava, Bertolaso ha inviato l'esercito per occuparla. La gente di Chiaiano si sente raggirata, abbandonata e tradita.
Non abbandonateci. E' questione di vita o di morte per tutti. E' con tanta rabbia che ve lo scrivo.
Resistiamo!
Alex Zanotelli
sabato 12 luglio 2008
Aldrovandi vittima negata
Smentire tutto, anche l’evidenza. A tre anni dalla tragedia, parlano per la prima volta i poliziotti imputati per la morte del giovane Federico Aldrovandi. Giurano di averlo colpito solo alle gambe e che lui «stava benissimo». La loro versione è contraddetta dai testimoni e dai loro stessi dialoghi
di Sofia Basso da LEFT
Quattro poliziotti armati di manganello e un ragazzo che muore solo, ammanettato, faccia a terra. Hanno provato a negare tutto, gli agenti imputati per l’omicidio colposo del giovane Federico Aldrovandi. Ma non hanno potuto smentire il tragico epilogo di quell’alba del 25 settembre 2005, quando il diciottenne ferrarese fu fermato da una pattuglia di polizia che lo trova vivo e lo lascia morto sull’asfalto di un’appartata via della cittadina estense. Parlano per la prima volta i quattro agenti, dopo mille giorni di ostinato silenzio e nove mesi di processo, ma non si preoccupano di offrire una spiegazione verosimile dell’accaduto. Una dinamica «incredibile» anche per loro, che giurano che Federico «stava benissimo» prima dell’intervento dei sanitari che ne constatano il decesso e dell’arrivo dei medici legali che lo fotografano livido e tumefatto in una pozza di sangue. Non hanno idea di come si sia procurato le ferite alla testa e allo scroto, dichiarano in aula il 26 giugno scorso: «Forse quando finisce a cavalcioni sullo spigolo della portiera dell’auto e poi cade in avanti, per poi rialzarsi come se niente fosse». Eppure due dei loro sfollagente quella mattina si spezzano all’altezza del manico. E la chiamata alla centrale del capo pattuglia Enzo Pontani è inequivocabile: «L’abbiamo bastonato di brutto. Adesso è svenuto, non so… È mezzo morto». «Una frase detta così, una maniera di dire che non significa niente - si giustifica l’interessato, incalzato dal pm Nicola Proto - anche l’Italia contro l’Olanda è stata bastonata di brutto». Capelli biondi fluenti, tono sicuro, Pontani ci tiene ad aggiungere che sarebbe «assurdo colpire una persona distesa». Eppure è proprio quello che i testimoni hanno visto: quattro agenti di polizia che si accaniscono sul ragazzo anche quando è a terra e implora aiuto.
Bello, alto, magro, Federico viene descritto da Pontani, una decina di chili più del ragazzo e 15 anni di esperienza sulla strada, come un «energumeno di 100 chili, scuro, con il collo taurino e gli occhi fuori dalla testa», che sbuca all’improvviso dall’ombra di un parchetto urlando e ringhiando per aggredirlo con sforbiciate, calci e pugni. Lui li schiva tutti. «Sembrava che avesse voluto mangiarmi la testa», precisa per evocare la pericolosità del giovane, disarmato e incensurato, seppure in stato d’agitazione, come riferì la signora che chiamò il 112, spaventata dalla presenza di un giovane «che sbatteva dappertutto». Per rincarare la dose, Pontani aggiunge un particolare mai emerso prima: durante la colluttazione, Aldrovandi avrebbe addirittura tentato di sfilargli la pistola. Un dettaglio che non compare neppure nella relazione di servizio. Anche Luca Pollastri, il compagno di volante di Pontani, più che di uno studente che rincasa dopo una nottata con gli amici in un centro sociale di Bologna dove, certo, girava anche qualche acido, racconta di una «furia scatenata» che avanza «con aria minacciosa», urlando «a denti stretti e bocca aperta». Era «carico, digrignava i denti», gli fa eco Paolo Forlani, della seconda volante, intervenuta quando la prima chiese rinforzi. «Erano più ringhi che urla. Aveva gli occhi sbarrati. E fissava... Sembrava un automa», ribadisce la sua collega di pattuglia, Monica Segatto, che si presenta pallida e tesa al banco degli imputati.
Deposizioni fiume, quelle dei quattro agenti che fino a quel momento si erano avvalsi della facoltà di non rispondere, mirate però più a smontare i capi d’accusa che non a convincere gli ascoltatori. Più volte, infatti, dal fondo della torrida e strapiena aula B del tribunale di Ferrara si solleva un brusio di incredulità. Come quando Pontani racconta che lo sfollagente del collega Forlani si rompe per un calcio di Federico. Il secondo manganello, dichiara Pollastri, si spezza quando il poliziotto cade a terra assieme al ragazzo nel tentativo di immobilizzarlo. Loro, sostengono, non l’hanno mai colpito, se non alle gambe. Soprattutto, i quattro imputati insistono nel dire che l’ambulanza la chiamarono subito anche se arrivò solo quand’era troppo tardi e che Aldrovandi non ha mai dato segni di sofferenza. Anzi, il loro timore è sempre stato che si rialzasse. Se non usarono il defibrillatore che avevano in dotazione fu perché più volte avevano verificato che respirava. Eppure la dottoressa fu chiarissima nella sua deposizione: quando il 118 intervenne, il cuore aveva smesso di battere da parecchi minuti e infatti i tentativi di salvarlo furono vani.
Uno dopo l’altro, gli imputati negano che il giovane chiedesse aiuto perché non riusciva più a respirare. Scuote la testa con sofferenza muta, Lino Aldrovandi, padre di Federico, che segue il processo in piedi, appoggiato contro il muro. Anche Patrizia Moretti, determinata nella sua richiesta di verità e giustizia per il figlio fin da quando impedì l’archiviazione del caso aprendo un blog, fatica ad ascoltare gli agenti coinvolti nella morte del suo Federico: «Non ci aspettavamo niente dalla loro deposizione. Però fa male lo stesso, fa molto male. Nel loro racconto sembrano accantonare, dimenticare, quello che hanno fatto, l’effetto di quelle loro azioni che ritengono tanto professionali. Non gli ha mai nemmeno sfiorato l’idea di dire “mi dispiace”. La cosa che mi ha addolorata di più, in questa versione paradossale, è stato quando hanno detto che gli tenevano la mano sulla schiena per fargli sentire la loro presenza. Purtroppo l’ha sentita eccome. Sappiamo, e gli effetti ne sono la prova più grande, che l’hanno schiacciato a terra finché non è arrivata l’ambulanza».
La linea della difesa non convince nemmeno la parte civile: «Da agenti di polizia si poteva pensare che dessero una spiegazione credibile di quello che è accaduto, invece si sono trincerati dietro risposte che respingono a tutto campo i profili dell’accusa senza preoccuparsi di un racconto che anche un elementare vaglio di buon senso fa ritenere del tutto inverosimile», dice l’avvocato Alessandro Gamberini, che sostiene la famiglia assieme a Fabio Anselmo, Riccardo Venturi e Beniamino Del Mercato. «La verità è che, comunque si difendano, la coperta è troppo corta perché riguarda il prima, il durante e il dopo: gli agenti non hanno affatto chiesto nell’immediatezza l’ambulanza, hanno bloccato Federico in una forma così violenta e compulsiva da procurargli quell’asfissia posturale che ha poi determinato l’esito fatale, lasciandolo steso per terra fino all’arrivo del 118, quando era già palesemente morto».
Un caso, quello di Federico, tenuto aperto dalla tenacia di una famiglia che non si è accontentata della versione iniziale di una morte per droga e ha lottato per far partire le indagini, tra macchie di sangue che sparivano, brogliacci manipolati, versioni contraddittorie, testimoni reticenti e comunicazioni date in ritardo. Le anomalie sono talmente tante che è stata aperta un’inchiesta bis per falso e abuso. L’iscrizione nel registro degli indagati dei quattro agenti è arrivata solo nel marzo 2006. Quando il pm titolare dell’inchiesta lascia per motivi personali, subentra Proto che finalmente avvia le indagini. Il processo è iniziato nell’ottobre 2007, due anni dopo la tragedia. «Da cittadina credevo che la giustizia fosse qualcosa di dovuto. Invece già arrivare in aula è stato un enorme risultato», commenta la madre di Federico. «Come dice sua mamma, Aldro è stato ucciso due volte», fa notare Andrea Boldrini, uno degli amici che passò con lui l’ultima serata. «Perché da quando è morto continuano a infangarlo. A ogni udienza sembra lui l’imputato, non i quattro agenti. Fin da quando siamo stati convocati dalla polizia, volevano che dicessimo che era un tossico». Francesco Caruso, giudice monocratico nonché presidente del tribunale, ha imposto un calendario serrato e ascolta attentamente tutte le versioni illustrate in aula. In autunno, con la sentenza, sapremo se in questo Paese è normale non sopravvivere a un controllo di polizia.
4 luglio 2008
di Sofia Basso da LEFT
Quattro poliziotti armati di manganello e un ragazzo che muore solo, ammanettato, faccia a terra. Hanno provato a negare tutto, gli agenti imputati per l’omicidio colposo del giovane Federico Aldrovandi. Ma non hanno potuto smentire il tragico epilogo di quell’alba del 25 settembre 2005, quando il diciottenne ferrarese fu fermato da una pattuglia di polizia che lo trova vivo e lo lascia morto sull’asfalto di un’appartata via della cittadina estense. Parlano per la prima volta i quattro agenti, dopo mille giorni di ostinato silenzio e nove mesi di processo, ma non si preoccupano di offrire una spiegazione verosimile dell’accaduto. Una dinamica «incredibile» anche per loro, che giurano che Federico «stava benissimo» prima dell’intervento dei sanitari che ne constatano il decesso e dell’arrivo dei medici legali che lo fotografano livido e tumefatto in una pozza di sangue. Non hanno idea di come si sia procurato le ferite alla testa e allo scroto, dichiarano in aula il 26 giugno scorso: «Forse quando finisce a cavalcioni sullo spigolo della portiera dell’auto e poi cade in avanti, per poi rialzarsi come se niente fosse». Eppure due dei loro sfollagente quella mattina si spezzano all’altezza del manico. E la chiamata alla centrale del capo pattuglia Enzo Pontani è inequivocabile: «L’abbiamo bastonato di brutto. Adesso è svenuto, non so… È mezzo morto». «Una frase detta così, una maniera di dire che non significa niente - si giustifica l’interessato, incalzato dal pm Nicola Proto - anche l’Italia contro l’Olanda è stata bastonata di brutto». Capelli biondi fluenti, tono sicuro, Pontani ci tiene ad aggiungere che sarebbe «assurdo colpire una persona distesa». Eppure è proprio quello che i testimoni hanno visto: quattro agenti di polizia che si accaniscono sul ragazzo anche quando è a terra e implora aiuto.
Bello, alto, magro, Federico viene descritto da Pontani, una decina di chili più del ragazzo e 15 anni di esperienza sulla strada, come un «energumeno di 100 chili, scuro, con il collo taurino e gli occhi fuori dalla testa», che sbuca all’improvviso dall’ombra di un parchetto urlando e ringhiando per aggredirlo con sforbiciate, calci e pugni. Lui li schiva tutti. «Sembrava che avesse voluto mangiarmi la testa», precisa per evocare la pericolosità del giovane, disarmato e incensurato, seppure in stato d’agitazione, come riferì la signora che chiamò il 112, spaventata dalla presenza di un giovane «che sbatteva dappertutto». Per rincarare la dose, Pontani aggiunge un particolare mai emerso prima: durante la colluttazione, Aldrovandi avrebbe addirittura tentato di sfilargli la pistola. Un dettaglio che non compare neppure nella relazione di servizio. Anche Luca Pollastri, il compagno di volante di Pontani, più che di uno studente che rincasa dopo una nottata con gli amici in un centro sociale di Bologna dove, certo, girava anche qualche acido, racconta di una «furia scatenata» che avanza «con aria minacciosa», urlando «a denti stretti e bocca aperta». Era «carico, digrignava i denti», gli fa eco Paolo Forlani, della seconda volante, intervenuta quando la prima chiese rinforzi. «Erano più ringhi che urla. Aveva gli occhi sbarrati. E fissava... Sembrava un automa», ribadisce la sua collega di pattuglia, Monica Segatto, che si presenta pallida e tesa al banco degli imputati.
Deposizioni fiume, quelle dei quattro agenti che fino a quel momento si erano avvalsi della facoltà di non rispondere, mirate però più a smontare i capi d’accusa che non a convincere gli ascoltatori. Più volte, infatti, dal fondo della torrida e strapiena aula B del tribunale di Ferrara si solleva un brusio di incredulità. Come quando Pontani racconta che lo sfollagente del collega Forlani si rompe per un calcio di Federico. Il secondo manganello, dichiara Pollastri, si spezza quando il poliziotto cade a terra assieme al ragazzo nel tentativo di immobilizzarlo. Loro, sostengono, non l’hanno mai colpito, se non alle gambe. Soprattutto, i quattro imputati insistono nel dire che l’ambulanza la chiamarono subito anche se arrivò solo quand’era troppo tardi e che Aldrovandi non ha mai dato segni di sofferenza. Anzi, il loro timore è sempre stato che si rialzasse. Se non usarono il defibrillatore che avevano in dotazione fu perché più volte avevano verificato che respirava. Eppure la dottoressa fu chiarissima nella sua deposizione: quando il 118 intervenne, il cuore aveva smesso di battere da parecchi minuti e infatti i tentativi di salvarlo furono vani.
Uno dopo l’altro, gli imputati negano che il giovane chiedesse aiuto perché non riusciva più a respirare. Scuote la testa con sofferenza muta, Lino Aldrovandi, padre di Federico, che segue il processo in piedi, appoggiato contro il muro. Anche Patrizia Moretti, determinata nella sua richiesta di verità e giustizia per il figlio fin da quando impedì l’archiviazione del caso aprendo un blog, fatica ad ascoltare gli agenti coinvolti nella morte del suo Federico: «Non ci aspettavamo niente dalla loro deposizione. Però fa male lo stesso, fa molto male. Nel loro racconto sembrano accantonare, dimenticare, quello che hanno fatto, l’effetto di quelle loro azioni che ritengono tanto professionali. Non gli ha mai nemmeno sfiorato l’idea di dire “mi dispiace”. La cosa che mi ha addolorata di più, in questa versione paradossale, è stato quando hanno detto che gli tenevano la mano sulla schiena per fargli sentire la loro presenza. Purtroppo l’ha sentita eccome. Sappiamo, e gli effetti ne sono la prova più grande, che l’hanno schiacciato a terra finché non è arrivata l’ambulanza».
La linea della difesa non convince nemmeno la parte civile: «Da agenti di polizia si poteva pensare che dessero una spiegazione credibile di quello che è accaduto, invece si sono trincerati dietro risposte che respingono a tutto campo i profili dell’accusa senza preoccuparsi di un racconto che anche un elementare vaglio di buon senso fa ritenere del tutto inverosimile», dice l’avvocato Alessandro Gamberini, che sostiene la famiglia assieme a Fabio Anselmo, Riccardo Venturi e Beniamino Del Mercato. «La verità è che, comunque si difendano, la coperta è troppo corta perché riguarda il prima, il durante e il dopo: gli agenti non hanno affatto chiesto nell’immediatezza l’ambulanza, hanno bloccato Federico in una forma così violenta e compulsiva da procurargli quell’asfissia posturale che ha poi determinato l’esito fatale, lasciandolo steso per terra fino all’arrivo del 118, quando era già palesemente morto».
Un caso, quello di Federico, tenuto aperto dalla tenacia di una famiglia che non si è accontentata della versione iniziale di una morte per droga e ha lottato per far partire le indagini, tra macchie di sangue che sparivano, brogliacci manipolati, versioni contraddittorie, testimoni reticenti e comunicazioni date in ritardo. Le anomalie sono talmente tante che è stata aperta un’inchiesta bis per falso e abuso. L’iscrizione nel registro degli indagati dei quattro agenti è arrivata solo nel marzo 2006. Quando il pm titolare dell’inchiesta lascia per motivi personali, subentra Proto che finalmente avvia le indagini. Il processo è iniziato nell’ottobre 2007, due anni dopo la tragedia. «Da cittadina credevo che la giustizia fosse qualcosa di dovuto. Invece già arrivare in aula è stato un enorme risultato», commenta la madre di Federico. «Come dice sua mamma, Aldro è stato ucciso due volte», fa notare Andrea Boldrini, uno degli amici che passò con lui l’ultima serata. «Perché da quando è morto continuano a infangarlo. A ogni udienza sembra lui l’imputato, non i quattro agenti. Fin da quando siamo stati convocati dalla polizia, volevano che dicessimo che era un tossico». Francesco Caruso, giudice monocratico nonché presidente del tribunale, ha imposto un calendario serrato e ascolta attentamente tutte le versioni illustrate in aula. In autunno, con la sentenza, sapremo se in questo Paese è normale non sopravvivere a un controllo di polizia.
4 luglio 2008
venerdì 27 giugno 2008
Tommaso Sodano ex presidente Commissione Ambiente Senato
«La logica dell'emergenza rifiuti
serve a operare fuori dalle regole,
saltando il controllo democratico»
Gemma Contin
Tommaso Sodano è stato presidente della Commissione Ambiente del Senato e ha fatto parte della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti.
Dopo le uscite di Berlusconi sul ricorso all'esercito per imporre la discarica agli abitanti di Chiaiano e per "difendere" l'inceneritore di Agnano, gli abbiamo chiesto cosa ne pensa, sapendo che le dichiarazioni del premier non sono sproloqui dovuti a un colpo di calore, ma un "modus operandi" già stabilito, con il coinvolgimento degli alti gradi militari, come emerge da un'intervista alla "Repubblica" di Napoli rilasciata dal generale dell'esercito Franco Giannini, capomissione in Campania del sottosegretario Bertolaso.
Berlusconi avverte che sabato manderà l'esercito; il generale Giannini è già operativo sul campo. Siamo alla militarizzazione del territorio come non è avvenuto neppure in Sicilia contro la mafia. Qual è il clima?
Il clima è di grande preoccupazione da parte dei cittadini campani che non ne possono più di vivere in mezzo asi rifiuti abbandonati per le strade dall'autunno del 2007. Questa è la più lunga di tutte le emergenze che abbiamo registrato dal 2001, quando la Commissione d'inchiesta ha cominciato a occuparsi della questione rifiuti. Su questo si sta costruendo la strategia dell'emergenza perché siamo arrivati a un punto che qualsiasi cosa il governo decida di fare sa di poter ottenere un grande consenso.
Ha promesso di risolvere il problema.
Ma il problema non si risolverà in questo modo, senza un'opposizione in Parlamento che dica come stanno le cose e, purtroppo, con un accordo tacito con il Pd e con le amministrazioni locali che non hanno saputo e non sanno come venirne fuori.
Regione province e comuni hanno abdicato?
Anche la sinistra che è nelle giunte locali ha in pratica avvallato il piano, e noi viviamo una situazione di grande sofferenza perché siamo costretti a subirlo e non possiamo neanche dire che è sbagliato e non servirà. A leggere quello che c'è scritto nel decreto si capisce che non può funzionare, che ci sono contraddizioni e vuoti normativi molto gravi.
Ad esempio?
Perché fondandosi sostanzialmente sugli inceneritori - ben quattro in Campania - nessuno dice ad esempio come saranno smaltite le ceneri. Perché dichiarando che la raccolta differenziata raggiungerà il 40% nel 2009, cioè tra qualche mese, e il 50% nel 2010 - e oggi siamo attorno al 10% - si sa già che non sarà così. A Napoli hanno stabilito incentivi che riguardano qualche migliaio di famiglie, ma non è con la raccolta differenziata di 20 mila persone che si ottengono quegli standard. Allora si sa in anticipo che la politica dei rifiuti sarà centrata sull'incenerimento ad alto potenziale, con gravi errori di valutazione sulle dislocazioni. L'inceneritore di Agnano sorgerà in piena zona flegrea, dentro il parco del Vesuvio. Oltretutto sarà necessario intervenire sul piano regolatore.
La logica dell'emergenza serve a questo?
La logica dell'emergenza serve a stravolgere il piano regolatore, derogare dalle norme urbanistiche, consentire a Bertolaso di operare fuori dalle regole, saltare il controllo democratico. E serve a far passare quattro inceneritori entro il 2010, ma ciò significa che non si crede a una raccolta differenziata al 50% e che tutto dovrà essere bruciato. E se io mi permetto di dire che il piano è sbagliato, che stravolge trent'anni di lotte ambientali, passo per chi non ha saputo e non vuole risolvere il problema. Se c'è una frana si sa che bisogna affrontare il pericolo immediato, ma questa non è una frana, è un terremoto.
serve a operare fuori dalle regole,
saltando il controllo democratico»
Gemma Contin
Tommaso Sodano è stato presidente della Commissione Ambiente del Senato e ha fatto parte della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti.
Dopo le uscite di Berlusconi sul ricorso all'esercito per imporre la discarica agli abitanti di Chiaiano e per "difendere" l'inceneritore di Agnano, gli abbiamo chiesto cosa ne pensa, sapendo che le dichiarazioni del premier non sono sproloqui dovuti a un colpo di calore, ma un "modus operandi" già stabilito, con il coinvolgimento degli alti gradi militari, come emerge da un'intervista alla "Repubblica" di Napoli rilasciata dal generale dell'esercito Franco Giannini, capomissione in Campania del sottosegretario Bertolaso.
Berlusconi avverte che sabato manderà l'esercito; il generale Giannini è già operativo sul campo. Siamo alla militarizzazione del territorio come non è avvenuto neppure in Sicilia contro la mafia. Qual è il clima?
Il clima è di grande preoccupazione da parte dei cittadini campani che non ne possono più di vivere in mezzo asi rifiuti abbandonati per le strade dall'autunno del 2007. Questa è la più lunga di tutte le emergenze che abbiamo registrato dal 2001, quando la Commissione d'inchiesta ha cominciato a occuparsi della questione rifiuti. Su questo si sta costruendo la strategia dell'emergenza perché siamo arrivati a un punto che qualsiasi cosa il governo decida di fare sa di poter ottenere un grande consenso.
Ha promesso di risolvere il problema.
Ma il problema non si risolverà in questo modo, senza un'opposizione in Parlamento che dica come stanno le cose e, purtroppo, con un accordo tacito con il Pd e con le amministrazioni locali che non hanno saputo e non sanno come venirne fuori.
Regione province e comuni hanno abdicato?
Anche la sinistra che è nelle giunte locali ha in pratica avvallato il piano, e noi viviamo una situazione di grande sofferenza perché siamo costretti a subirlo e non possiamo neanche dire che è sbagliato e non servirà. A leggere quello che c'è scritto nel decreto si capisce che non può funzionare, che ci sono contraddizioni e vuoti normativi molto gravi.
Ad esempio?
Perché fondandosi sostanzialmente sugli inceneritori - ben quattro in Campania - nessuno dice ad esempio come saranno smaltite le ceneri. Perché dichiarando che la raccolta differenziata raggiungerà il 40% nel 2009, cioè tra qualche mese, e il 50% nel 2010 - e oggi siamo attorno al 10% - si sa già che non sarà così. A Napoli hanno stabilito incentivi che riguardano qualche migliaio di famiglie, ma non è con la raccolta differenziata di 20 mila persone che si ottengono quegli standard. Allora si sa in anticipo che la politica dei rifiuti sarà centrata sull'incenerimento ad alto potenziale, con gravi errori di valutazione sulle dislocazioni. L'inceneritore di Agnano sorgerà in piena zona flegrea, dentro il parco del Vesuvio. Oltretutto sarà necessario intervenire sul piano regolatore.
La logica dell'emergenza serve a questo?
La logica dell'emergenza serve a stravolgere il piano regolatore, derogare dalle norme urbanistiche, consentire a Bertolaso di operare fuori dalle regole, saltare il controllo democratico. E serve a far passare quattro inceneritori entro il 2010, ma ciò significa che non si crede a una raccolta differenziata al 50% e che tutto dovrà essere bruciato. E se io mi permetto di dire che il piano è sbagliato, che stravolge trent'anni di lotte ambientali, passo per chi non ha saputo e non vuole risolvere il problema. Se c'è una frana si sa che bisogna affrontare il pericolo immediato, ma questa non è una frana, è un terremoto.
sabato 21 giugno 2008
VII° CONGRESSO NAZIONALE
DEL PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA
GIOVEDI' 3 LUGLIO ORE 19,00
CONGRESSO DEL CIRCOLO DI SESSA AURUNCA
VIA UGOLINO 2
Ordine dei Lavori
19.00 Elezione della Presidenza del Congresso
19.15 Relazione introduttiva del segretario uscente
19.30 Saluti delle forze politiche ed associazioni democratiche
20.00 Elezione delle Commissioni Congressuali
20.20 Presentazione dei Documenti Nazionali
21.20 Dibattito congressuale e Repliche finali
22.00 Votazione dei Documenti Nazionali
23.00 Relazione delle commissioni
23.30 Elezione Organismi Dirigenti e di Garanzia del Circolo
Elezione dei Delegati al Congresso Provinciale
DEL PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA
GIOVEDI' 3 LUGLIO ORE 19,00
CONGRESSO DEL CIRCOLO DI SESSA AURUNCA
VIA UGOLINO 2
Ordine dei Lavori
19.00 Elezione della Presidenza del Congresso
19.15 Relazione introduttiva del segretario uscente
19.30 Saluti delle forze politiche ed associazioni democratiche
20.00 Elezione delle Commissioni Congressuali
20.20 Presentazione dei Documenti Nazionali
21.20 Dibattito congressuale e Repliche finali
22.00 Votazione dei Documenti Nazionali
23.00 Relazione delle commissioni
23.30 Elezione Organismi Dirigenti e di Garanzia del Circolo
Elezione dei Delegati al Congresso Provinciale
Iscriviti a:
Post (Atom)